L’ospedale Piccole Figlie chiude il reparto Covid. In due mesi, dal 18 marzo al 15 maggio, sono stati accolti e curati 130 pazienti contagiati dal coronavirus. Dagli iniziali 15 posti letto si è passati rapidamente a 37 letti a regime, nel reparto di degenza al terzo piano.

«In Piccole Figlie si chiude oggi un capitolo decisamente significativo, che rimarrà saldo nella memoria e nell’esperienza di molti di noi, di me per primo – dice Giorgio Bordin, direttore sanitario di Piccole Figlie Hospital – È stato un impegno rilevante, con numeri non vertiginosi rispetto all’Ospedale Maggiore, ma certo in grado di testimoniare un impegno concreto. A cui si aggiunge la disponibilità che abbiamo dato ad accogliere pazienti non-Covid, nella degenza al secondo piano, in base alle necessità che di volta in volta emergevano in questi periodi burrascosi, in relazione alle richieste dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma».

«La nostra vocazione è stata sempre l’integrazione con il servizio sanitario nazionale, non la concorrenza – aggiunge Roberto Gallosti, amministratore delegato di PFH – e dentro le difficoltà che hanno caratterizzato questi mesi convulsi della pandemia da coronavirus, il clima di rapporti collaborativi ha consentito un lavoro agile ed efficace e anzi si è ulteriormente consolidato, mi auguro a beneficio anche di un futuro più rilassato, ma sempre pieno di sfide».

«Il personale infermieristico e molti dei nostri medici – riprende Bordin – hanno lavorato con dedizione ma anche con intelligenza creativa, aiutandoci a rispondere ad esigenze totalmente nuove e mutevoli di settimana in settimana, modellando l’organizzazione in modo flessibile e senza schemi precostituiti: è stata una grande risorsa. Adesso però dobbiamo ritornare alle nostre attività chirurgiche, che la ristrettezza e la distribuzione dei nostri spazi di degenza non rende compatibile in termini di efficienza ma soprattutto di sicurezza con il mantenimento di un reparto di isolamento per malati contagiosi.

Vorrei dire però che non è stata una parentesi da dimenticare, ma un arricchimento che lascerà i suoi segni positivi a molti livelli della nostra attività, aiutandoci anche a rispondere alle sfide che la pandemia continuerà a proporre nei mesi venturi e strutturare l’ospedale di domani».

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